IL MODELLO ORGANIZZATIVO EX D.LGS. 231/01: NON MERO ADEMPIMENTO MA OPPORTUNITÀ DI SVILUPPO  

Il D. Lgs. n. 231 dell’8 giugno 2001 ha innovato l’ordinamento con una peculiare forma di responsabilità, prevista per i soggetti giuridici collettivi cui sia ascrivibile la commissione di reati e incentrata sul c.d. Modello di Organizzazione, Gestione e controllo (MOG).

La disciplina nasce per colmare, in adeguamento al panorama internazionale, il vuoto di tutela derivante dall’impossibilità sottoporre gli enti a sanzioni penali in senso stretto (societas delinquere non potest), prevedendo quindi misure di diversa tipologia, come quelle pecuniarie, interdittive e la confisca.

L’intervento, come ormai pacifico, introduce una responsabilità formalmente amministrativa ma sostanzialmente penale, poiché derivante dalla realizzazione dei reati previsti in via tassativa dal Decreto 231.

È una “colpa da organizzazione”: se l’ente non dimostra, insieme ad altri elementi, l’efficace adozione e applicazione di un MOG – deputato a prevenire la commissione di reati – sarà ritenuto automaticamente responsabile del fatto compiuto dai soggetti operanti nella sua struttura organizzativa.

L’illecito rilevante è quello commesso, nell’interesse o a vantaggio dell’ente, da persone con ruoli, anche di fatto, apicali e/o da persone a queste subordinate.

Peraltro, il MOG 231 può inoltre configurare un “assetto organizzativo adeguato” ai sensi dell’art. 2086 c.c. – riformato dal Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, D. lgs. 14/2019 – ossia uno degli strumenti di prevenzione e gestione della crisi che l’imprenditore è tenuto ad istituire.  

Il MOG, dunque, reca sì le norme, le procedure e i protocolli tesi ad evitare illeciti nell’esercizio imprenditoriale, ma costituisce altresì l’occasione per implementare nuovi processi capaci di aumentare la competitività, diventando così un manifesto per trasmettere all’esterno il modus operandi, la storia e il sistema di valori fondanti l’impresa.

È per tale secondo aspetto che oggi il modello assume sempre più importanza ai fini della collocazione dell’impresa nel mercato, perché un sistema organizzativo valido, idoneo ad arginare i rischi, è un apprezzabile indice di affidabilità e credibilità di un operatore economico.

Ciò, tanto nel settore pubblico, ove il documento è spesso richiesto per l’accesso a procedure di evidenza pubblica, tanto nel privato, in cui i grandi committenti ricercano anch’essi garanzie adeguate in capo ai soggetti con i quali intraprendere rapporti commerciali.  

Si rende poi, ovviamente, necessaria l’effettiva applicazione del modello, intesa come efficace osservanza dei protocolli ivi previsti da parte di tutti i soggetti coinvolti nell’azione dell’impresa.

È per questa ragione che il MOG 231 deve essere “taylor made”, predisposto da adeguate figure professionali attraverso un’analisi completa delle caratteristiche e dei rischi inerenti alla singola realtà aziendale.

È infine il caso di evidenziare che il nuovo Codice degli Appalti, vigente dal 1° aprile 2023, consente all’ente sprovvisto di un modello organizzativo di rimediarvi anche successivamente all’imputazione e persino alla condanna penale, beneficiando di un possibile giudizio positivo della stazione appaltante, idoneo a ridimensionare i profili sanzionatori.

La previsione si affianca a quanto già disposto dal Decreto 231 in tema di riduzione delle sanzioni.

Si tratta della restorative compliance, l’insieme delle condotte riparatorie, insite nella riorganizzazione intrapresa dall’ente dopo l’illecito, valutabili in ottica premiale.

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